7 Sprechi LEAN (Muda)-Comprendere e facilitare il miglioramento continuo...
Attese | Trasporti | Sovrapproduzione | Scorte | Movimentazioni | Difetti | Processo |
Nella visione Lean uno spreco è un'attività che non aggiunge alcun valore al bene prodotto o al servizio.
In questo modo le organizzazioni sprecano o perdono spesso molti soldi, il cliente certamente non ha bisogno e non pagherà per tutto ciò!
Prima di procedere è utile fare una premessa, il punto focale della LEAN PRODUCTION è il cliente, in questa direzione devono essere fatte tutte le considerazioni, i ragionamenti, dobbiamo vedere la nostra linea di produzione con i suoi occhi.
In particolare è probabile che il nostro cliente potenziale sia molto attento, fra gli altri, a due fattori: il tempo di consegna del bene/servizio e il costo (prezzo).
La caccia agli sprechi è indubbio che possa avere un impatto su entrambi questi fattori, riducendo il tempo di attesa del cliente (impattando sul "tempo di produzione') ma anche tagliando parte dei costi di produzione che sono parte rilevante del prezzo finale del bene/servizio.
Taiichi Ohno (uno dei "padri" del Toyota production system), ha fornito 7 categorie comprensive di tutte le modalità in cui le organizzazioni sprecano i soldi.
Questi sette sprechi (denominati MUDA in giapponese) sono: le attese, i trasporti, la sovrapproduzione, le eccessive scorte, la movimentazione, i difetti, presenza di operazioni "inutili" nel processo.
Analizziamo ora nel dettaglio ogni singolo spreco, nell'ottica, ove possibile di eliminarlo, o comunque di ridurne il più possibile l'impatto sul processo e sui costi di produzione.
Costituiscono spreco tutti i tempi di attesa (accodamenti) "non strettamente necessari" al ciclo di fabbricazione del prodotto, in pratica si tratta della differenza fra il tempo totale di attraversamento (Lead Time) del flusso produttivo di un bene/servizio e il suo "tempo di fabbricazione" (somma di tutti i tempi ciclo "vivi", necessari per il processo tecnologico).
Fra le cause più comuni:
Molto spesso questi tempi di attesa nascondono vari aspetti, talvolta interagenti, ad esempio:
Rimuovere tutte le cause che possono causare ritardi e/o attese lungo il normale flusso produttivo può essere talvolta difficile e in alcuni casi molto costoso, tuttavia va considerato che ogni unità di prodotto "ferma" nel ciclo produttivo equivale ad un costo (valore) immobilizzato, spesso genera inefficienza del processo, ad esempio: operatori o impianti attivi ma sostanzialmente "non operativi", non saturati nella loro potenzialità, quindi ulteriori costi (talvolta neppure facilmente quantificabili).
In conclusione deve essere fatta una attenta valutazione dei tempi di attesa dei prodotti/materiali, ove possibile tradotta in "costi" e, in virtù del risultato, definire la migliore strategia "possibile" per l'eliminare/ridurre tutti i "ritardi non necessari" nel normale flusso produttivo.
Non dimentichiamo che nell'ottica del cliente finale, sopra ricordato, questi "tempi di attesa" nel impattano direttamente sul "tempo di consegna" del bene/servizio.
Sono tutte le operazioni di trasporto da un posto ad un altro, da un reparto ad un altro, che indubbiamente hanno un costo soprattutto in termini di risorse ma non solo, talvolta generano scarti legati alle operazioni di movimentazione stessa (che a tutti gli effetti è una lavorazione aggiuntiva).
Abitualmente vi sono due aspetti da investigare e su cui intervenire :
L'obiettivo prioritario è l'eliminazione di tutti i trasporti però talvolta potrebbero esserci impedimenti insormontabili come: essere oltremisura costoso, avere vincoli "fisici" (ad esempio: muri) o altro, è comunque importante operare nell'ottica dell'ottimizzazione "massima possibile".
Non potremo chiedere un eurocent in più al nostro cliente finale per questa operazione.
Questo metodo di produzione è tipico soprattutto della produzione tradizionale a lotti, ove la quantità di pezzi da produrre viene definita e pianificata secondo una logica a-sincrona rispetto agli ordini ricevuti dai clienti finali e spesso comporta, al netto del venduto, la rimanenza (e lo stoccaggio) di una quantità variabile di prodotti finiti (o semilavorati).
Nella logica Lean questo costituisce uno spreco, un aggravio di costi (il valore del prodotto invenduto) e come ricordato lo stoccaggio di una quantità di prodotti "non richiesti" con il conseguente "spreco" di spazio.
E' quindi auspicabile "produrre solo il necessario" evitando di sprecare risorse e materiali per realizzare "prodotto per i magazzini".
Naturalmente questo è un presupposto "teorico" non sempre realizzabile in toto nella pratica, che presuppone importanti investimenti (talvolta anche estremamente costosi) in infrastrutture e organizzazione per orientare la produzione (e tutti gli attori che interagiscono con essa) alla massima flessibilità.
I principali presupposti irrinunciabili per il funzionamento di questo sono:
Alla luce dei concetti sopra citati appare evidente che fra tutti gli sprechi questo è probabilmente quello più difficile da eliminare o comunque da "ottimizzare" perchè presuppone una serie di interventi "strutturali" sull'organizzazione, sulle linee produttive, possibile solo con il coinvolgimento (e la sponsorizzazione) dei massimi vertici aziendali.
Tornando al nostro cliente finale non sarà certamente disponibile a sborsare un eurocent più per coprire il valore dei nostri pezzi invenduti (o lavorati in sovrannumero) però ai manager farà certamente piacere sapere che parte del "valore immobilizzato" può essere convertito in maggiore profitto per l'azienda stessa.
La presenza di pezzi/materiali nel processo genera come già ricordato una quantità di "valore intrappolato" nel processo (Working Capital) proporzionale alla numerosità dei pezzi stessi e funzione dello stato di avanzamento nel flusso produttivo stesso.
Deve quindi essere considerata attentamente l'opportunità di ridurre al minimo possibile la scorta dei materiali e dei pezzi (semilavorati) fra una fase e la successiva (Work In Progress) del processo per minimizzare il "capitale fermo" nel processo.
Anche in questo caso le difficoltà non mancano, soprattutto organizzative, che talvolta coinvolgono anche enti esterni, ad esempio è possibile che si debba ri-discutere con un fornitore la quantità minima di un dato materiale da consegnarci.
In questo caso però tutto il "capitale" non "intrappolato nel processo" e quindi "liberato" potrebbe essere disponibile per altri usi, ridurre i costi con benefici per tutti: azionisti, dipendenti e non dimentichiamo il nostro cliente finale che potrebbe avere una riduzione del prezzo.
Come già ricordato in precedenza la movimentazione del prodotto non costituisce "valore aggiunto" per lo stesso ne per il cliente finale.
Apparentemente la movimentazione potrebbe apparire la stessa cosa del trasporto (già analizzato) ma in questo caso parliamo di movimentazione all'interno del ciclo di lavorazione.
In altri termini parleremo di trasporto quando si tratta del trasferimento di un pezzo/materiale da un area (work station, reparto, linea) ad un altra area, di movimentazione quando tale trasferimento avviene all'interno del medesimo ciclo di lavorazione in una postazione definita.
Rientrano quindi in questa categoria tutti i movimenti, spostamenti eseguiti ad esempio sia dall'operatore sia dal prodotto in un ciclo di lavorazione.
Detto questo potremmo perciò affermare che questo potrebbe essere un compito specifico da affidare ad un dipartimento (qualora esista) di Industrial Engineering o ad un ufficio Tempi e Metodi.
Obiettivo di questa analisi sarà ovviamente minimizzare le movimentazioni necessarie (uomo, macchina, prodotto) all'interno del ciclo di lavorazione, in taluni casi ottenendo anche un miglioramento di produttività.
Chiunque abbia operato su una linea di produzione ha dimestichezza con il termine "scarto" inteso come la realizzazione di un pezzo non-conforme alle specifiche e in alcuni casi il rigetto da parte del cliente finale.
Ciò che spesso sfugge all'analisi è la valorizzazione economica di tutte le ri-lavorazioni dei pezzi lungo il processo causate da difettosità generate appunto dal processo, ritenute talvolta normali e/o inevitabili.
Nella filosofia Lean viene ritenuto spreco la realizzazione di un pezzo difettoso sia esso scarto o che necessiti di lavorazioni aggiuntive (o ri-lavorazioni) rispetto allo standard.
Nella realtà non sempre è semplice individuare e risolvere tutti i problemi che possono dare luogo a scarti e/o pezzi difettosi, tuttavia è innegabile che scarti, lavorazioni aggiuntive e rilavorazioni costituiscano una parte rilevante nella struttura dei costi e quindi una ghiotta opportunità.
Deve essere analizzato a 360° il pezzo da produrre, coinvolgendo, se necessario, tutti anche enti esterni alla produzione con lo scopo di minimizzare le opportunità di difetto "intrinseche" al pezzo.
In particolare ad esempio la Forma: verificare (coinvolgendo se necessario la progettazione e/o lo sviluppo prodotto), analizzare se esiste qualche elemento nella conformazione del pezzo che potrebbe incrementare la probabilità di generare pezzi difettosi e in tal caso (se possibile) eseguire le modifiche appropriate alla forma (modello).
Non va inoltre dimenticato infine il nostro "cliente finale" che in questo caso potrebbe essere direttamente coinvolto, ricevendo "pezzi non conformi" e quindi provocando ritorni dal mercato.
In conclusione: deve essere posta la necessaria attenzione ai pezzi "non conformi" siano essi difettosi, scarti o rilavorabili provenienti sia dall'interno (produzione) sia dall'esterno (mercato), tali pezzi andranno accuratamente analizzati per individuarne ed eliminarne le cause che li hanno generati.
Un ulteriore forma di sprechi si può ritenere "intrinseca" al processo di fabbricazione, rientrano in questa categoria tutte le inefficienze che provocano:
Le cui cause più comuni possono essere:
Questi sono soltanto alcune delle cause possibili, ve ne potrebbero essere molte altre legate alla peculiarità e specificità di ogni processo produttivo.
In conclusione è di fondamentale importanza il costante monitoraggio, analisi e miglioramento del processo per garantirne la stabilità e la ripetitività nel tempo.